L’evoluzione della comunicazione digitale, Trend e Best Practice della produzione di contenuti editoriali online.
L’obiettivo è quello di focalizzarsi su nuovi livelli di innovazione, per non perdere competitività. Le imprese stanno puntando su un nuovo modello di business per cogliere i vantaggi del digitale per sfruttarli nella pianificazione e definizione di nuovi prodotti, servizi e processi e permettere loro di evolvere insieme al mercato.
Seguono la valorizzazione e monetizzazione dei dati, per poter analizzare e utilizzare i canali digitali in modo coerente, integrato ed efficiente, e gli ambiti relativi alla gestione delle risorse umane, all’introduzione di forme di automazione e all’impiego dei canali digitali in maniera integrata.
Ma ora, andiamo a conoscere la protagonista di questo digital speech e insieme a lei andremo ad argomentare la nuova tematica di oggi.
Irene Coltrinari – Digital Content Editor
Sei una Digital Content Creator che si muove nel mondo delle tendenze moda e lifestyle dal 2017, hai sorprendentemente trovato lavoro in pandemia e sei anche una studentessa di strategie di mercato per la moda. Come dimostra il tuo caso, in questo ultimo anno così inusuale il settore della comunicazione digitale è in crescita.
Puoi darci qualche numero?
Ciao Raffaella, ti ringrazio infinitamente per avermi ospite oggi. Le condizioni in cui abbiamo trascorso il 2020 hanno portato ad uno spostamento forzato dei canali di comunicazione, e tutti, ma proprio tutti si sono rifugiati nel digitale per trovare sicurezza, sia da consumatori che da imprenditori.
Ad oggi le persone attive sui social in Italia sono 39 milioni. Dalla fotografia scattata dall’ Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano e BVA-Doxa, il consumo di contenuti online è cresciuto del 40% in più nel settore intrattenimento video tra le piattaforme Youtube, Facebook e Tik Tok, e del 20% in più per contenuti editoriali di testate giornalistiche di informazione e lifestyle, trascorrendo in media 6 ore al giorno connessi dal proprio smartphone. E non si parla di tempo trascorso in smart-working.
Il settore eCommerce B2C ed il mercato degli strumenti per la produttività a distanza, hanno ottenuto grandi risultati causa o merito la necessità di continuare ad operare da remoto. Con un esponenziale aumento della presenza online di tutte le realtà interessate a superare o a sopravvivere al periodo economicamente difficile che stiamo vivendo, la competizione per i contenuti sul web è alle stelle.
Tutte le piattaforme sono quindi state inondate di contenuti. Qual è stata la tendenza comunicativa più in voga quest’anno?
Il 2020 è stato l’anno della conversazione, l’anno in cui tutte le realtà imprenditoriali e non hanno preso parte alla conversazione su tematiche sociali. Diversi settori hanno unito le forze scaturendo delle interessantissime collaborazioni che approfondiscono legami artistici, culturali e sociali.
Moda, socialità e politica collimano in un periodo storico più che particolare, che ha visto la partecipazione e l’attivismo come tendenza più incalzante. Per via delle circostanze indette a favore della sicurezza sanitaria il mondo intero si è ritrovato più volte a fare da spettatore, ma questa volta attivo e partecipante.
I brand si sono ritrovati a cercare di instaurare un rapporto profondo e di scambio con i propri consumatori, per riconoscerli e farsi riconoscere in un circolo virtuoso per le ricerche di mercato e la reputazione e l’engagement online. Se nel 2020 qualsiasi realtà non può permettersi di non esistere sui social, non può neanche permettersi di tacere sugli ultimi avvenimenti nè di chiedere l’acquisto senza dare qualcosa in cambio.
Creare valore, e farlo nel minor tempo possibile, con un contenuto facile, veloce e leggero da consumare è stata la tendenza comunicativa più in voga quest’anno, anche grazie alla grande influenza e affluenza su TikTok.
Tik Tok è un fenomeno spesso visto come un parco-giochi per adolescenti, è proprio così?
Il colosso cinese ex-Musically è una nuova piattaforma che da spazio a millennials in cerca di contenuti leggeri e replicabili, dal balletto al tutorial, in un modo che già esisteva (vedi Vine) ma con un nuovo twist. E’ incredibile che venga considerato da molti come un luogo adatto solo agli adolescenti, perchè ha effettivamente impattato molto sulla modalità di produzione di contenuti online, ponendosi come primo competitor di Instagram.
Il suo punto di forza è la personalizzazione dell’interfaccia, che cambia da user in user a seconda dei video guardati, saltati o con cui si è interagito, e la forte possibilità di viralità: tutti i contenuti possono essere visti e diventare virali, finendo nella categoria “Per Te”, in cui l’algoritmo raccoglie contenuti che sono coerenti con quanto già consumato.
TikTok è un pozzo senza fondo di idee per nuovi trend e tematiche sociali che interessano ai consumatori. La modalità Reel su Instagram è stata inserita a seguito dello scoppio di TikTok, proprio per essere all’avanguardia con le ultime tendenze. Instagram aveva fatto lo stesso anche con Snapchat ed il filtri facciali, ma non soffermiamoci su questo.
Come per Instagram, su Tik Tok in poco tempo la richiesta di contenuti che potessero migliorare la vita del singolo sono cresciuti esponenzialmente, vedi l’hashtag #imparacontiktok. Nel periodo di pandemia ci si è focalizzati molto sull’approfondimento e l’apprendimento insieme all’intrattenimento, e Tik Tok si conferma il luogo adatto per veicolare tutte queste necessità ad un pubblico più giovane.
Per le realtà aziendali è un nuovo e misterioso continente, che in un anno è cresciuto dell’11%, su cui le modalità di fare pubblicità e sponsorizzare cambiano totalmente. L’incalzante domanda ed il bisogno concreto di intrattenimento creano uno scenario ipercompetitivo online, tra cui è difficile districarsi.
Come è possibile distinguersi tramite la comunicazione digitale, soprattutto nel campo della moda?
Partendo dal presupposto che la comunicazione online è solitamente orientata al raggiungimento di un obiettivo, per distinguersi è fondamentale avere e rendere chiara la propria identità sui social e trovare un tono di voce che esprima in modo autentico i propri valori.
Quello che cambia in un momento di così alta concentrazione di utenti online è che ogni azione, dal like al competitor alla condivisione di un post influisce sulla reputazione di un brand e definisce il suo immaginario, i suoi valori e le sue intenzioni. Non basta più raccontarsi, o esporre i propri prodotti, ma occorre anche intessere una storia che possa far affezionare l’utente e incoraggiarlo ad interagire entrando così nella sua routine e nel suo immaginario ed essere poi coerenti nelle proprie scelte di settore.
“Se non commenti non esisti” sembra essere il diktat, comandato un po’ dagli algoritmi del mondo digitale a suon di battaglie per l’engagement, un po’ dalla necessità di restare a galla nella moltitudine di marchi e identità commerciali che emergono di giorno in giorno. Quello che è ancor più importante è la presenza a tutte le occasioni di dibattito sociale, per accrescere la propria reputazione online, pena l’entrata nell’ombra.
Cosa intendi per reputazione online?
Mi riferisco a costruire un’immagine aziendale che ispiri fiducia agli occhi dei consumatori, ma anche degli investitori e degli impiegati che comunichi i valori del brand in modo chiaro e vicino al suo target. E’ una strategia di marketing che consiste nell’essere attivi socialmente e commentare tematiche calde di attualità, nel rispetto dei propri lettori.
Si chiama Reputation Economy e corrisponde ad una sorta di costruzione identitaria cucita sui punti di forza di un brand ma soprattutto sugli interessi del suo consumatore medio, che viene riflesso dalla comunicazione tramite la produzione di contenuti coinvolgenti e coerenti con quanto citato sopra.
La Reputation Economy non serve solo a far crescere la notorietà e l’immaginario del brand, ma anche ad acquisire clienti più consci e difficili da conquistare con strategie di marketing sterili. Gli utenti più attivi sui social sono Millennials o membri della Gen Z, attenti a tematiche come sostenibilità e inclusività.
Praticare una politica della reputazione consente dunque di massimizzare i propri profitti e dunque essere attraenti agli occhi degli investitori. L’importante è trovare una voce autentica per farlo. Si parla di Reputation Economy ma anche di Perception, ovvero della percezione e dell’empatia che l’identità aziendale è in grado di generare.
Se l’economia di reputazione è una strategia di marketing, e la percezione è veicolata internamente dal brand, come fa ad essere autentica?
Parlare di autenticità nel mondo di brand e nel mondo della moda è spesso difficile, perchè la moda si costruisce anche su valori aspirazionali e desideri complessi difficili da soddisfare. Quello che rende efficace la reputation economy è di fare leva sul capitale umano di una realtà aziendale: mettere in primo piano dipendenti e gli specialisti e far loro veicolare le proprie conoscenze e competenze a favore della costruzione di un legame affettivo con il cliente.
Quello che una volta era alla base della compravendita, cioè il rapporto, si è andato perdendo con gli anni, complice la forma online del commercio e della progressiva digitalizzazione. Ora la costruzione del rapporto deve avvenire anche online, per rendere più autentico l’atto dell’acquisto e normalizzare l’e-commerce.
La situazione pandemica ha accellerato la velocità di adattamento sia dei brand, che i consumatori, che una volta faccia a faccia con le realtà aziendali si fidano soltanto se identificano una persona che comunichi con loro.
Cosa accade se un brand non esprime apertamente la sua posizione in merito a tematiche calde?
Principalmente, perde un’occasione di ricordare al consumatore la propria “personalità”. Le impersonificazioni nel marketing sono all’ordine del giorno per creare engagement, e quest’anno più che mai la moda è diventata politica, colorandosi di slogan a favore della comunità LGBTQ, o richiedendo autenticazione e attenzioni dedicate alla comunità nera.
Negli Stati Uniti anche la conversazione politica è stata occasione di conversazione. Nel caso specifico del movimento Black Lives Matter, abbiamo una rivoluzione epocale, soprattutto nel mondo della moda. Se si pensa che nel giro di 127 anni un solo fotografo nero, ora quasi due, hanno scattato copertine per Vogue in cui 21 modelle nere sono state ritratte, la rivista di moda più importante del mondo sembra essere la cartina tornasole dell’inclusività del settore.
E questo è venuto a galla, creando dei problemi alla testata di Anna Wintour che, accusata da DietPrada di mancata inclusività riportando le lamentele di dipendenti neri dopo l’omicidio di George Floyd, ha dovuto porre apertamente delle scuse ed agire di conseguenza.
La campagna social, in cui l’hashtag #voguechallenge invitava la globalità ad immaginarsi delle copertine inclusive e senza privilegi, è stato il primo passo per risanare i suoi errori. La casa editrice ha poi ampliato la sua offerta di informazione inserendo finalmente una rubrica a favore della creatività nera, rendendosi conto di quanto sia fondamentale applicare nel business anche una reputation economy.
E questo è solo un esempio, perchè molte altre realtà si sono ritrovate a dover fare ammenda per le proprie azioni e a cambiare le proprie politiche aziendali per essere in linea con i cambiamenti.
Parlando di cambiamenti, tu ti occupi di produzione di contenuti online, spaziando tra tematiche di storia della moda, attualità, design e trend. Com’è cambiato il tuo modo di scrivere?
E’ stato un anno particolare sotto il punto di vista della produzione, perchè tutto sembrava relativo al momento storico che stiamo vivendo. Ma vedendo il fortissimo impatto della mobilitazione sociale sui social e sul web, a differenza del solito articolo nozionistico o legato all’incombenza di un evento, sul lato editoriale ho realizzato contenuti per andare approfondire tematiche di interesse del mio lettore medio.
L’approfondimento in campo giornalistico solitamente non occupa tanto spazio nelle testate, nè online nè sul cartaceo, ed invece quest’anno i piani editoriali si sono concentrati sul creare valore ponendo la lente di ingrandimento su temi caldi e non, per permettere a chi fruisce del contenuto di acquisire conoscenza e costruire la propria coscienza critica, per poi poter dire la propria online.
Dal lato social, la creazione di contenuti vede fondamentale l’applicazione di una coerenza estetica di tutte le immagini utilizzate per comunicare un determinato topic, che devono essere possibilmente di alta qualità e attente ai trend. Il target di riferimento oggi è molto più esigente rispetto alla qualità del contenuto che utilizza.
E’ necessario dunque produrre qualità anche sul web. Umberto Eco disse che internet dava diritto di parola agli imbecilli. Credo che il maestro della comunicazione si ricrederebbe oggi, visto come lo spazio social è diventato un luogo ricco di esperti e di lettori che vogliono essere informati e anche bene.
Quali saranno i nuovi trend nel mondo della comunicazione digitale?
Sinceramente definirli con un titolo è complesso, ma posso dirti che da insider sento che la comunicazione andrà sempre più verso il mercato conversazionale che verso un mero compra-vendi di prodotti.
Nutrire l’engagement, cioè la notorietà del proprio brand sarà un obiettivo chiave anche del 2021, e lo si farà con la produzione di contenuti one-to-one, che coinvolgano direttamente il consumatore del contenuto e lo colleghino alla personalità di chi crea il contenuto.
Il formato del podcast è cresciuto a dismisura nel 2020 e così continuerà nel 2021, l’approfondimento editoriale e il coinvolgimento live degli utenti sarà chiave per poi creare grandi eventi e situazioni di socialità quando sarà possibile tornare a svolgere la quotidianità in presenza, e non da remoto.
Fare community da remoto, nutrire il lato umano e favorire gli scambi attivi tra settori e realtà sociali è l’unico modo per restare umani, anche nel marketing, nel biennio di pandemia.
Ringrazio Irene per aver partecipato al digital speech e per aver condiviso la sua esperienza nell’editoria digitale. Un ulteriore ringraziamento va anche a tutti coloro che hanno preso parte alla diretta e per ulteriori info curiosità ti invito a contattare direttamente la relatrice.