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L’iconico Jeans detta le regole del Glamour

Il Jeans è iconico e conformista. Traccia i cambiamenti del mondo esponendoli in un sistema glamour e allo stesso tempo trasgressivo. 

Il Jeans, divenuto nel corso del tempo l’indumento di tutti. Riveste ma al tempo stesso scopre, nasconde ma evidenzia con erotismo sfrontato, provocante. I suoi innumerevoli marchi e modelli si lasciano dimenticare per tornare trionfanti dopo decenni. 

Gettato sugli scogli o nella varichina, tagliato, accorciato riciclato e rattoppato, fotografato e collezionato, amato e odiato. Da indumento utile per  “il lavoro di fatica” si è trasformato in abito della ribellione, ha cancellato le barriere del “vestire per sesso” divenendo al tempo stesso una seconda pelle assai erotica.

L’iconico Jeans è perforato, marchiato, ricamato, tinto o dipinto, ferito e sfregiato.

L'iconico Jeans detta le regole del Glamour

È stato un capo fetish, emblema di una certa pornografia artistica tipica degli anni ’70, epoca in cui ha vestito i virili omosessuali frutto dell’estro creativo di Tom of Finland, per poi entrare nelle teche dei musei della moda. Quello indossato da Heath Ledger nel film “Brokeback Mountain” è stato battuto all’asta per 21 mila dollari. 

La storia dell’iconico Jeans 

La sua storia ha radici lontane, il nome «jeans» è associabile foneticamente alla lettera «G» della città di Genova dove nel 1500 si indicava col termine «Blue de Genes» quel particolare tessuto intelato, indossato dai marinai e dai manovali. Era adoperato per la costruzione delle vele delle famosi navi della città. Copertura di merci e casse da trasporto grazie alla sua particolare resistenza allo stress atmosferico durante i lunghi viaggi.

Il termine «Denim» deriva dalla città di Nimes in cui questo tessuto veniva fabbricato. Tra i suoi primi inconsapevoli testimonial, Giuseppe Garibaldi, che ne indossò uno durante il suo sbarco a Marsala. Negli USA attorno al 1850 il «Blue de Genes» divenne un “moderno”  indumento da lavoro per opera di Levi Strauss che creò, per i ricercatori d’oro, un pantalone con cinque tasche in denim resistente . 

Il jeans è rimasto sino agli anni ’40 un indumento relegato alla “seconda classe”, utilizzato per lo più in ambiti militari e da lavoro. I primi avveniristici outifit che lo videro dare scandalo furono tuttavia sfoggiati negli anni ’30. Memorabile quello dell’attrice Katharine Hepburn fotografata fuori dagli Studios in jeans e pelliccia. 

L'iconico Jeans detta le regole del Glamour

Il mondo segnico di questo indumento conobbe una radicale trasformazione a partire dagli anni ’50, quando “formalizzò” il Dress Code della «gioventù bruciata». Fu consacrato a capo Rock, da Bad Boy e poi Teddy Boy. Virile per lui, se indossato come facevano Marlon Brando e James Dean, sexy anche per lei in stile Marilyn Monroe o Brigitte Bardot.

Nella seconda metà degli anni ’60 il jeans fu indispensabile per rivestire i nuovi ideali di libertà sessuale e di costume, trasformandosi nel decennio seguente in capo slim e unisex, che evidenziava le curve di entrambi i sessi parificandone allo stesso tempo i look.

Jeans Fiorucci

Elio Fiorucci fu, negli anni ’70, tra i più importanti stilisti a fare del denim un capo artistico e di tendenza, concependo indumenti frutto di riciclo e assemblaggio di tessuti diversi. Dalla ampia svasatura sul fondo si passò poi ai modelli stretti, strettissimi alla caviglia propri degli anni ’80. Per svestirsene era spesso necessario stendersi su di un letto.

Agli Hot Pants in stile «Studio 54» – per uomo e donna – si alternarono le Salopette, e nacquero gonne, bomber, berretti, guanti in jeans.

Da quelli «Skinny» indossati dai Punk si passò agli altri «Ripped»  resi celebri da Madonna. Arrotolati sul fondo e abbinati a un Moncler furono una “divisa” per i Paninari nella “Milano da bere”. 

Durante gli anni ’90 Axl Rose e Kurt Cobain imposero una nuova moda, il Grunge e i jeans nuovi finsero di essere vecchi, con strappi e frange ottenute con sapienti e pazienti lavori di lametta.

 

L'iconico Jeans detta le regole del Glamour

 

Il jeans era finalmente riconosciuto come indumento iconico, e Gianni Versace gli tributò un omonimo profumo di successo sul cui contenitore era riprodotta la trama.

Oggetto di sperimentazioni conobbe successivamente infiniti cambiamenti nel colore. Dal 2000 è stato distressed, sfumato nei toni del marrone, usurato, fintamente sporco, lacero, iper griffato, stampato «all over» con loghi di marchi del lusso.

Dalle toppe «Heavy Metal» anni ’80 si è passati a quelle con scritte e slogan trash abbinate a pietre multicolor e borchie kitsch. 

Adornato da Swarovski e brillanti, diventa un capo costoso ed esclusivo. Allo stesso tempo volgare e connotato da una certa estetica Camp. Pagato, vilipeso, perforato, marchiato, ricamato, tinto o dipinto, ferito e sfregiato, gettato sugli scogli o nella varichina, tagliato, accorciato riciclato e rattoppato, fotografato e collezionato, amato e odiato.

Il jeans è l’indumento che più di ogni altro fa parte della vita comune, ma resta straordinario, glamour e For Ever Young.

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5 commenti

fra 5 Agosto 2018 at 7:48

si, hai davvero ragione, una bella storia!

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Francesca Androsiglio 5 Agosto 2018 at 10:30

I jeans sono la passione, e indossarli mi rende sicura.
Grazie per l’informazioni

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sheila 5 Agosto 2018 at 19:25

che dire.. io indosso i jeans tutto l’anno, e quel vestito di britney è davvero favoloso peccato non ne facciano altri così o simili

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Zelda 6 Agosto 2018 at 11:49

Non conoscevo la storia del jeans, è davvero interessante.

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ilmondodichri 6 Agosto 2018 at 14:09

ma che bella storia davvero!!!

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